martedì 27 febbraio 2018

The Party (Sally Potter, 2017) - Recensione


C’è qualcosa di deliziosamente perverso nel veder crollare nel giro di poche ore le certezze acquisite nel corso di un’intera esistenza, e lo sa bene Sally Potter, che nello scrivere e filmare la commedia nera The party si è accanita senza pietà sul personaggio di Janet, una donna all’apice della carriera alle soglie dei sessanta. Promossa dopo anni di sacrifici e rinunce alla carica di ministro della salute del governo ombra nominato dal partito di opposizione britannico (verosimilmente quello laburista), per celebrare il tanto agognato avanzamento professionale ha organizzato una festa a casa sua in compagnia delle persone che più l’hanno sostenuta e incoraggiata negli anni.

Il marito Bill è certamente quello che più ha fatto le spese della dedizione incondizionata di Janet al lavoro e alla causa della salute pubblica, ma stranamente in questo particolare frangente della loro vita coniugale non appare particolarmente partecipe, anzi, sembra più preoccupato di scegliere la colonna sonora adatta che di riservare la giusta accoglienza agli ospiti che via via si presentano alla porta mentre la moglie è indaffarata a spalmare tartine e infornare vols-au-vent tra una telefonata di congratulazioni e l'altra. L’atmosfera si fa decisamente più frizzante con l’arrivo di April, vecchia amica e compagna di lotte di Janet, ex fervente idealista ora convertitasi a un affettato cinismo venato di sarcasmo cui non sfuggono gli sforzi di Janet di sembrare, nonostante il recente trionfo, una “persona alla buona” che non disdegna di sporcarsi le mani con la pasta sfoglia. Insieme ad April c’è il marito di origine tedesca Gottfried, che con i suoi vacui aforismi per tutte le occasioni e il suo atteggiarsi a “life coach” non fa che suscitare l’imbarazzo della moglie e la costernazione dei presenti, ingraziandosi solo occasionalmente le simpatie dello spettatore. Ad alzare la temperatura contribuisce l’arrivo del rampante sciacallo della finanza Tom, perennemente in botta da cocaina e in preda a una sorta di delirium tremens accompagnato da abbondanti sudori. Completano il gruppo la pacata Martha, professoressa di studi di genere e storia del femminismo, e la sua giovane compagna Jinny, permalosa e fragile. La grande assente del ricevimento è “la bella Marianne”, moglie di Tom, la cui defezione, sospetta fin dal principio, potrebbe forse spiegare alcune delle dinamiche che si innescano fra gli invitati durante questa movimentata serata.


Il topos cinematografico della cena in cui tutti i nodi vengono al pettine trova in The party un esempio intelligente e sofisticato; il sontuoso bianco e nero rende l’ambiente ancora più rarefatto di quanto già non facciano il registro elevato delle conversazioni e l’estrazione sociale dei personaggi. Nel ruolo della protagonista, Kristin Scott Thomas è molto brava a mascherare l'indole aristocratica del suo personaggio sotto un velo di paternalismo, che è poi l’atteggiamento tipico di un certo modo sinistrorso di fare politica che qui, mi sembra, diventa oggetto delle frecciatine divertite della regista (anche se quella di Potter è una satira da insider, gentile e per nulla velenosa). Timothy Spall, il marito, ricorda a tratti il Bruce Dern di Nebraska, non tanto per il bianco e nero che lo circonda quanto per l’espressione trasognata e il quadro clinico cognitivamente debilitato, aspetto questo talmente marcato nella prima parte del film che assistiamo nel seguito ad un progressivo e inspiegabile rinsavimento. Ruba la scena alla protagonista il personaggio di April, interpretato da una fiammante Patricia Clarkson, la cui malignità brillante e disincantata nasconde in realtà un affetto sincero e una profonda stima per chi, come Janet, ha lavorato tutta la vita per veder realizzata un’utopia di uguaglianza e giustizia sociale. Cillian Murphy, una bomba a orologeria in attesa di deflagrare, è riuscito, con la sua gestualità frenetica e la sua incapacità di dominarsi, nell'impresa di far vivere in chi scrive momenti di autentica ansia, riuscita in passato soltanto al Michael Shannon di Bug e pochi altri. Bruno Ganz con la sua aria da santone imperturbabile è dapprincipio irritante, ma diventa sempre più dispensatore di comicità e buonumore man mano che gli eventi degenerano.


Sì, perché date le premesse l’escalation è inevitabile. Chi ha fondato la carriera sul sogno di un servizio sanitario nazionale equo e a accessibile a tutti i cittadini dovrà ricredersi; chi ha immolato la propria vita sull'altare del dio denaro sarà amaramente sbeffeggiato; chi ha lasciato che il cinismo spegnesse ogni slancio di giovanile idealismo vedrà premiata la tenacia di qualcun altro; chi, infine, pensava di aver trovato nell'ingenuità di una filosofia new age la soluzione ad ogni problema sarà costretto ad ammettere che, in qualche rarissima eccezione, il buon vecchio pragmatismo fa ancora il suo porco lavoro. Per la verità la Potter presenta il conto ai suoi personaggi in modo un po’ troppo sbrigativo e non del tutto commisurato agli eventi (ad esempio la crisi di coppia che investe Martha e Jinny è a mio parere debolmente motivata) ma è comunque un piacere osservare come ciascuno reagisca alle sfide che il destino, o per meglio dire la Potter, gli ha riservato. Il finale congiunge le estremità di un cerchio che poteva tranquillamente restare aperto, e allo stesso tempo lascia penzolare altri fili che forse sarebbe stato meglio riannodare; la promessa di una spiegazione della scena iniziale viene mantenuta, ma non tutti i dettagli sono al loro posto e l’imperfezione salta subito all'occhio. Il finale, frettoloso e completamente inaspettato, lascia in bocca l’amarezza di chi si alza da tavola senza aver consumato il dessert.

3 commenti:

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  2. Film elegante, raffinato ma anche divertentissimo, che mi ha riconciliata con il genere "cene velenose" dopo l'amaro in bocca lasciatomi dall'osannatissimo Perfetti sconosciuti.
    Tra l'altro, a me il finale è piaciuto davvero moltissimo, bel colpo di scena!

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    1. Ah ti è piaciuto? Sarà che ero più acido del dovuto perché i biglietti per Il filo nascosto erano finiti... Sicuramente era un bel colpo di scena ma mi ha lasciato un po' di stucco, avrei volentieri passato un'altra mezz'ora in compagnia di Janet e soci. Perfetti sconosciuti secondo me era ben fatto ma mio dio, che moralismo! E dàgli all'ipocrisia! E dàgli agli etero benpensanti! per cui concordo con te

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