venerdì 22 settembre 2017

The teacher (Jan Hřebejk 2016)


Siamo in Cecoslovacchia, è il primo giorno di scuola dell'anno scolastico 1983/84 in una scuola media nei dintorni di Bratislava. La nuova insegnante fa ingresso in aula e si presenta come la signora Maria Drazdechová, dopodiché procede a fare l'appello. Stranamente, però, ciò che sembra interessarle più di ogni altra cosa non è tanto entrare in confidenza con la classe, accorciare la distanza con i nuovi allievi, bensì appuntarsi su un taccuino la professione che esercitano i rispettivi genitori: il padre di Ondřej (invento, non ricordo i dettagli) è impiegato all'aeroporto, la madre di Helena è parrucchiera, Jana è orfana di madre ma in compenso il padre ripara elettrodomestici... La macchina da presa, forse presagendo che il futuro non riserva nulla di buono, indugia sui volti luminosi e spensierati dei ragazzini che ad alta voce scandiscono le informazioni richieste, e certo non sospettano che in quella pratica vi possa essere alcunché di insolito. Nel frattempo, il montaggio alternato mostra quegli stessi genitori riuniti in assemblea qualche mese più tardi, come si può evincere dalla data vergata a gesso sulla lavagna, nell'atto di valutare alla presenza della direttrice scolatisca un'eventuale espulsione della signora Drazdechová dal corpo insegnanti. Tutto ciò che succede a cavallo di questi due eventi chiave è l'argomento di questa acuta, potentissima tragicommedia del regista ceco Jan Hřebejk.

Come in un film horror dove gli eventi sono filtrati attraverso il punto di vista soggettivo di un protagonista inaffidabile, ascoltiamo le testimonianze di ragazzini e genitori cercando di capire che cosa c'è di vero e che cosa, invece, è frutto di malignità o immaginazione. Il ritratto dell'insegnante Drazdechová che ne viene fuori è contraddittorio: da una parte la sua inesauribile vitalità, l'innegabile intraprendenza e lo status (fin troppo spesso sbandierato) di vedova di guerra ci strappano un moto di simpatia nei suoi confronti, dall'altra il modo in cui sembra approfittare della cortesia del suo servizievole entourage appare sospetto e poco professionale. Esiste davvero un legame tra l'improvviso calo del rendimento di alcuni studenti e la scarsa disponibilità dei genitori a prestare servigi non retribuiti alla dispotica feudataria - rassettare l'appartamento, riparare la lavatrice, far recapitare un cabaret di dolcetti in Russia nonostante l'espresso divieto imposto dalla legge - oppure si tratta di sospetti infondati di adulti incapaci di accettare i limiti cognitivi dei propri figli? Comunque stiano le cose, la querula professoressa non sembra affatto disdegnare i vantaggi derivanti dalla sua carica di presidentessa locale del partito comunista, che senza dubbio la pone in una posizione di prestigio e superiorità rispetto agli altri docenti; che questo poi si traduca in un abuso di potere è tutto da dimostrare. D'altra parte chi ha il coraggio, nella Cecoslovacchia del 1983, di tacciare di ruffianeria delle persone di buon cuore che in modo del tutto spontaneo si prodigano per far sentire un po' meno sola una donna prematuramente strappata al conforto della vita coniugale? E che peso potrà mai avere la testimonianza del marito di una traditrice della patria, o quella di un padre che non riesce a guadagnarsi il rispetto di suo figlio se non a suon di cinghiate?

La riunione dei genitori, indetta in gran segreto dalla direttrice, ci restituisce l'immagine al microscopio di un Paese fratturato, dove collaborazionismo e resistenza convivono fianco a fianco più o meno pacificamente, almeno fino a quando un bene prezioso (l'educazione e il benessere dei figli) non viene messo a repentaglio. Che poi collaborazionismo e resistenza - sembra dirci Hřebejk - altro non sono che le due posizioni opposte e inconciliabili in cui suole polarizzarsi ogni società umana nel momento in cui sperimenta l'ingiustizia, non importa se si tratta di un Paese vittima di occupazione o di una piccola comunità scolastica in balia di un'insegnante dispotica. Nei tempi bui c'è sempre chi si ribella apertamente senza curarsi delle conseguenze, chi al contrario si schiera dalla parte del più forte, poi ci sono quelli che combattono anche se la causa non li riguarda in prima persona e, infine, coloro che sanno sempre come trarre profitto da ogni situazione, adeguandosi alle mutate circostanze con camaleontica disinvoltura in modo da mantenere intatti i propri privilegi - non importa se ciò significa fare professione di ateismo davanti al ritratto di Gustáv Husák, oppure predicare la fede cattolica davanti a quello di Václav Havel.


The teacher si qualifica certamente anche come commedia, eppure mai risata fu così amara. In mezzo a momenti di ironia e leggerezza si insinua la constatazione profondamente disturbante che ogni persona adulta, in virtù dell'autorità che riveste naturalmente (un genitore) o che le è stata conferita (un'insegnante) ha il potere incommensurabile di arrecare un danno profondo e irreversibile alla crescita di un bambino, aspetto questo di cui tutti in qualche misura abbiamo fatto esperienza e che il film riesce a cogliere in modo infallibile. Hřebejk d'altronde è sempre molto attento a demarcare con precisione il confine tra il mondo degli adulti e quello dell'infanzia: una normalissima conversazione tra coniugi, magari con qualche sottinteso sessuale, acquista tutt'altro peso se dietro il vetro smerigliato della camera da letto sappiamo esserci il figlio in ascolto, anche se poi, come spesso accade, farà finta di non aver sentito nulla. Quando è stata l'ultima volta che abbiamo provato imbarazzo al cinema per una (timida) scena di sesso? The teacher ci fa rispolverare quella sensazione, perché gli occhi con cui la guardiamo sono contemporaneamente quelli dell'adulto e quelli del dodicenne. Non a caso gran parte delle scene di violenza (più numerose di quanto possa far pensare la confezione family-friendly in cui è venduto il film) non fanno altro che inscenare la violazione di questa "zona di innocenza" che, idealmente, dovrebbe tenere il mondo dell'infanzia al riparo dai soprusi degli adulti.

L'attrice slovacca Zuzana Mauréry ci regala una performance magistrale, ai livelli di Ruth Gordon in Rosemary's Baby o Isabelle Huppert ne Il buio nella mente. C'è davvero qualcosa di diabolico in questa insegnante dal volto disumano così abile a recitare la parte della vedova inconsolabile, quando a ben vedere è proprio perdendo il marito in guerra che ha realizzato, per così dire, il miglior affare della sua vita. La gestualità appiccicaticcia con cui blandisce il prossimo, l'incedere vagamente sgraziato, l'abbigliamento fuori moda perfino per i canoni dell'epoca e la perfida nonchalance con cui ordisce i suoi miserabili ricatti conferiscono alla signora Drazdechová l'apparenza fintamente innocua di un lupo travestito da agnello che difficilmente mancherà di guadagnarsi il nostro più profondo disprezzo. Memorabile.

4 commenti:

  1. verissimo, Zuzana Mauréry è uno straordinario pezzo di m., lo fa benissimo

    a un certo punto la riunione dei genitori mi ha ricordato quella di Class Enemy

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    1. Ciao Francesco! Mauréry straordinaria, fa venir voglia di recuperare altre sue performance. Incredibile come passi dalla dolcezza all'ira in un istante, come se d'improvviso si manifestasse la sua vera natura (vedi quando il suo racconto nostalgico viene interrotto da un "danke schön")
      Class enemy non lo conosco, ma me lo segno!

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    2. questo avevo scritto:
      https://markx7.blogspot.it/2014/10/class-enemy-rok-bicek.html

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