Sovraccarico di energia e insieme profondamente lirico, 120 battiti al minuto racconta senza reticenze e con autentica passione la storia del movimento Act Up Paris, costola francese dell'omonimo movimento newyorchese impegnato fin dagli anni anni Ottanta nella lotta per i diritti dei malati di AIDS e per la costruzione di una maggiore consapevolezza intorno al virus dell'HIV e a quella che una volta era chiamata "la malattia degli omosessuali e dei tossicodipendenti", definizione che oggi sappiamo essere falsa e fuorviante. In particolare il regista Robin Campillo segue da vicino la vicenda (fittizia) di Nathan, giovane omosessuale francese interpretato dal taurino Arnaud Valois che nel movimento trova non soltanto l'occasione di sostenere attivamente una causa in cui crede, ma anche un'opportunità di crescita personale e, non da ultimo, l'amore.
La prima scena ci catapulta fin da subito nel vivo dell'azione, dietro le quinte di un blando programma televisivo dedicato all'AIDS che i membri di Act Up hanno eletto a vetrina per sensibilizzare cittadini e istituzioni sull'impossibilità per i malati di accedere a medicinali e terapie sperimentali. L'azione di boicottaggio, rapida e di forte impatto emotivo, prevede l'interruzione a sorpresa del programma e l'enunciazione di slogan di denuncia nei confronti delle case farmaceutiche, ma subisce un'escalation quando uno degli attivisti prende l'iniziativa di lanciare un palloncino pieno di sangue finto in faccia al moderatore del programma. Se fino a quel momento gli astanti si erano limitati a esibire un sorriso paternalistico nell'attesa che la trasmissione riprendesse con la normale scaletta, la vista di sangue potenzialmente infetto genera un'ondata di panico: la protesta si conclude con l'intervento della polizia, che trascina via i manifestanti nell'indignazione generale.