sabato 26 maggio 2018

Dogman (Matteo Garrone, 2018) - Recensione


Dogman, che bel nome, si direbbe appartenere a un supereroe. E chissà, forse non siamo così distanti dalla realtà, dopotutto qualcosa di eroico effettivamente c'è nella vita di Marcello, titolare e unico gestore di uno scalcinato salone di bellezza per cani alla periferia di una città del litorale laziale. Mingherlino e curvo, gli occhi scavati e vagamente imploranti, non sembra tagliato per nessun lavoro, figuriamoci per quello di toelettatore di cani, in cui è necessario un certo nerbo se non si vuol essere ghermiti dai propri clienti. Eppure in qualche modo Marcello ce la fa, si arrabatta, si ingegna, compensa con la sensibilità e la pazienza dove non arriva con il talento, come il calabrone del proverbio, che pur inadatto al volo, vola tuttavia. E quando i miseri proventi della sua attività non bastano a sostentare se stesso e la figlia piccola avuta da una relazione che, si intuisce, deve aver conosciuto vita brevissima, allora si improvvisa spacciatore di piccolo taglio, oppure offre la propria stolida complicità ai microcriminali che popolano la malavita locale. Vaso di coccio tra tanti vasi ferro, in qualche modo riesce a tirare a campare e, nei momenti migliori, a portare sua figlia in vacanza in luoghi dove il mare non è soltanto un confine che annulla ogni speranza di fuga, una forza anonima che consuma la volontà e arrugginisce lo scheletro di ferro dei palazzi in rovina, ma un elemento vivo, in cui immergersi e trovare rifugio dalla miseria della Storia.

domenica 13 maggio 2018

Insect (Jan Švankmajer, 2018) - Recensione


Il regista e animatore ceco Jan Švankmajer, classe 1934, che davate per morto ma in realtà è vivo da impazzire, maestro indiscusso della stop-motion e autore di cortometraggi dal surrealismo disturbante come il celeberrimo Possibilità di Dialogo, nonché di inquietanti lungometraggi tra i quali spicca una versione particolarmente dark di Alice nel Paese delle Meraviglie, artista versatile senza il quale Tim Burton avrebbe certamente intrapreso una sfavillante carriera da elettrauto, ebbene questo umile e geniale regista ceco, reduce dagli anni bui di un regime che non è riuscito a stritolarlo, e ora vittima di un sistema apparentemente più innocuo ma più subdolo dove scialbi supereroi sono più quotati di un Bianconiglio di pezza che stupisce nel constatare la propria non-vita, questo artista dicevo ormai alla fine della sua carriera e della sua esistenza visibile ci onora con la richiesta di contribuire alla realizzazione del suo ultimo film, un'opera per metà recitata da persone in carne ed ossa e per metà interpretata da insetti-marionette di kafkiana memoria, all'insegna dello sperimentalismo più sfrenato e della più spietata misantropia.
Se tutto questo per voi non significa nulla siete delle persone orribili.